Io volevo studiare, semplicemente, e tornare: Amian Guy Yves Arnaud, ASSIDU 

Voglio far crescere la fiducia in noi stessi, perché credo che l’urgenza primaria sia proprio quella di cambiare mentalità

Io volevo studiare, semplicemente, e tornare: Amian Guy Yves Arnaud, ASSIDU 

Amian Guy Yves Arnaud, scrittore, attivista e coordinatore di Assidu Umbria

Amian Guy Yves Arnaud, scrittore, attivista e coordinatore di Assidu Umbria

"Tengo a precisare, in via preventiva, che c’è differenza tra gli ivoriani in Umbria e gli associati dell’Associazione degli Ivoriani in Umbria nella Regione; così come molti ivoriani non sono nell’Associazione, in qualità di soci o meno, allo stesso modo non tutto il partenariato, che conta per l’esattezza 250 soci, ha le proprie radici in Costa d’Avorio. Inoltre, tra gli associati propriamente ivoriani, almeno 50 lo sono solo in nome delle origini, essendo italiani a tutto titolo, per nascita o cittadinanza acquisita". Inizia così la nostra chiacchierata con Amian Guy Yves Arnaud, prima di entrare direttamente nel vivo di ASSIDU 

Quali sono le attività principali di ASSIDU? 
"ASSIDU intraprende iniziative al fine di pubblicizzare la sua stessa esistenza, per fare di tutti gli ivoriani presenti sul territorio (900 individui per l’esattezza, stando alle recenti statistiche nazionali) una vera e propria comunità, con una forte identità. Una comunità che venga riconosciuta e ascoltata dalla società. Tentiamo quindi, in primo luogo, di raggiungere tutti i nostri connazionali per farne dei soci effettivi, promuoviamo la nostra cultura e la insegniamo ai bambini nati in Italia. In questo modo portiamo avanti e condividiamo i valori in cui crediamo: rispetto delle regole del paese di approdo e degli anziani, importanza di avere una vita sana, certezza che istruzione e formazione siano fondamentali per poter costruire il proprio successo personale e professionale. In secondo luogo, cerchiamo di essere un modello positivo e carico di speranza, attraverso il nostro modo di fare e di essere, creando occasioni che ci permettano di vivere insieme. La convivenza multiculturale è un’attitudine ereditata dal tessuto sociale della Costa d’Avorio, nel quale coesistono almeno 63 etnie diverse, corrispondenti ad altrettante lingue. Le differenze non possono che essere evidenti ed è nostra intenzione riconoscerle e valorizzarle. Il nostro, è un impegno teso alla conoscenza dell’altro sincero, genuino e quotidiano".

 
Come viene portato avanti questo impegno?
"Essenzialmente attraverso incontri personali, per conoscere le difficoltà e ascoltare le tematiche di ognuno, ma anche organizzando momenti conviviali e di aggregazione e collaborando con altri enti locali, pubblici e privati, in progetti regionali e internazionali. Diamo un contributo concreto alla vita dell’Umbria (come ad esempio, il progetto regionale Made in Umbria e quello dell’ANCI, EMPATIC) e a tutte quelle iniziative di sviluppo dirette alla Costa d’Avorio. E siamo anche spesso il soggetto mediatore: il punto di riferimento e il ponte tra la comunità ivoriana e le Istituzioni".

 
Ci puoi raccontare qualcosa del tuo percorso personale? 
"Personalmente, sono venuto in Italia nell’ottobre 2011, raggiungendo mio zio (in pianta stabile nel Paese dal 1981); una scelta su cui ha influito decisamente la scoppio della guerra nel mio Paese nello stesso anno. Ad oggi, sto terminando il mio dottorato con una tesi di dal titolo “Esperienza di comunicazione sociale sull’immigrazione: il caso dell’Umbria”. Accanto al mio impegno in ASSIDU, c’è quello nel direttivo di “Ponte dell’incontro”. Ma il mio piano iniziale non era questo. Io volevo studiare, semplicemente, e tornare. È il sogno della maggior parte di noi del resto: l’intenzione è sempre quella di tornare a casa, terminato un dato percorso lavorativo o formativo. Gioca anche, in questa volontà, il dispiacere di lasciare la propria famiglia, il proprio Paese, ma anche un pizzico di quella delusione, che provi una volta arrivato a destinazione, quando vedi che non è tutto esattamente come ti aspettavi, come avevi letto nei giornali o visto in Tv. Questo però dà, al contempo, anche una spinta diversa. La povertà esiste in ogni Paese: noi africani non siamo i primi né gli ultimi. In un’ottica di sviluppo, quindi, credo che l’ostacolo principale non sia tanto il livello di povertà, quanto noi stessi. L’Africa è stata sempre presentata come un continente povero, ma è ricco di risorse e ha un’ampia disponibilità di manodopera. Siamo noi che abbiamo perso la fiducia in noi stessi, venendo educati per servire l’altro. Io voglio far crescere questa fiducia, perché credo che l’urgenza primaria sia proprio quella di cambiare mentalità".